Angelo Luigi Fiorita

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Angelo Luigi Fiorita nel 1939.

Angelo Luigi Fiorita (1895 – 1958), scrittore, poeta e giornalista italiano.

Matematica allegra[modifica]

Incipit[modifica]

Le cifre, ossia i segni che noi usiamo per indicare i numeri, si chiamano cifre arabiche, perché ci sono state portate dagli arabi, specialmente ad opera di un loro famoso matematico Al-Kuarismei, dal quale prese nome l'algoritmo, ossia tutta la matematica araba.
Questi arabi dei quali i giovani lettori hanno un'idea speciale, derivata dalla lettura dei libri d'avventure dei grandissimi Emilio Salgàri e Ugo Mioni e del mio caro e grande Luigi Motta, questi arabi, dico, costituirono e tuttora costituiscono un grande popolo, teso verso l'espansione, apportatore ovunque di civiltà e di bellezza artistica. La Spagna, che fu da essi occupata agli inizi dell'8° secolo dell'era nostra, e che della loro dominazione si liberò con la conquista di Granada ad opera di Ferdinando V il Cattolico nel 1492, deve agli Arabi una ricchezza artistica ineguagliabile.

Citazioni[modifica]

  • Immaginate quello che succederebbe in una nostra città, se si vedesse passare per le strade centrali un uomo in succinto costume da bagno, che andasse di corsa e senza meta, come se fosse invasato, gridando: «ho trovato! ho trovato!». Ve l'immaginate? Arresto della circolazione, folla accorrente, mobilitazione di vigili municipali, sopraggiungere delle «camionette» della Celere... E conclusione logica al Manicomio. Ebbene, questo successe a Siracusa nella prima metà del X secolo a. C., senza tutte quelle complicazioni: si vede che nella bella città siciliana fatti del genere erano abbastanza frequenti, se nessuno si commosse e se non vennero mobilitate le guardie del tiranno Gerone, re di Siracusa. Protagonista dell'episodio fu un grande matematico, ch'era già ai suoi tempi gloria della sua città, dov'era nato nel 287 a. C., e che fu poi giustamente considerato gloria della scienza e del genio umano: Archimede. (2j)
  • [Sulla piramide di Cheope] L'enorme difficoltà dell'opera apparve a Cheope a mano a mano che i Saggi gli sottoposero le disposizioni da prendere per realizzare il progetto. Intanto le dimensioni del sepolcro gli parvero sbalorditive, ma i tecnici gli opposero che un re come lui non poteva lasciare un monumento, come si direbbe oggi, a scartamento ridotto: questa obbiezione lo convinse. Le misure della piramide, tradotte nel sistema metrico decimale, erano, nel progetto, le seguenti: altezza m. 149 circa, lunghezza degli spigoli laterali m. 220 circa e di quelli della base m. 232 circa. Secondo i calcoli preventivi il volume della piramide sarebbe stato di due milioni e settecento mila metri cubi; volume che richiedeva l'impiego di altrettanti blocchi di pietra dell'altezza approssimativa di mezzo metro, lunghi due metri e larghi un metro. Il tutto per un peso complessivo di oltre sette milioni di tonnellate da trasportare, squadrare e mettere in opera sopra una costruzione ascendente a quota altissima con i mezzi più rudimentali che si conoscono: rulli e carrelli e braccia umane. Ricavata la pietra da una montagna a nord di Menfi, press'a poco dove poi sarebbe sorta la città del Cairo, avrebbe dovuto esser caricata su barconi e per via fluviale raggiungere la posizione a nord ovest della capitale, dove avrebbe dovuto sorgere il sepolcro. (3g)
  • A mano a mano che gli studiosi si approfondiscono nell'esame della piramide di Cheope, essi sono costretti a passare di sbalordimento in sbalordimento. Ogni linea di quella costruzione ha una ragione d'essere scientifica, e il tutto dà una dimostrazione grandiosa delle conoscenze matematiche ed astronomiche di quei saggi, che non erano solo Sacerdoti della religione, ma lo erano anche più della scienza e del sapere. (3h)
  • [...] quegli uomini dimostrarono nella Piramide di avere cognizioni matematiche e astronomiche che nessuno avrebbe mai sospettato. Possiamo dire senza tema di smentita che la Piramide di Cheope è il più grande trattato scientifico dell'antichità. (3h)

Incipit di Andrea Doria[modifica]

Monsignor Agostino Giustiniani, negli Annali della Repubblica di Genova annota con soddisfazione gli alti e continui riconoscimenti che gli Imperatori di Costantinopoli sempre diedero a Genova per la sua attività nel vicino Oriente. La Repubblica di Genova che, come quella di Venezia, aveva dalle Crociate ritratto il maggior vantaggio economico, costituendo in quella plaga fiorentissime colonie, ebbe in dono dagli Imperatori fondachi, chiese, contrade, e oggetti tuttora preziosi. Di tale situazione di privilegio in Oriente, largamente beneficiavano tutti i cittadini genovesi, che avevano trovato un campo sicuro per la loro ben nota attività e per le loro speciali capacità.

Bibliografia[modifica]

  • Angelo Luigi Fiorita, Andrea Doria, Editore F. Ceretti, Genova, 1950.
  • Angelo Luigi Fiorita, Matematica allegra, Casa editrice Ceschina, Milano, 1958.

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