Attilio Ruffini

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Attilio Ruffini

Attilio Ruffini (1924 – 2011), politico e avvocato italiano.

Lo Stato, la libertà e la democrazia[modifica]

  • Uno Stato libero non è ancora uno Stato democratico; affinché lo sia, e prescindo qui dal pur importante problema dei contenuti concreti inerenti alla legislazione e ai valori da questa promossi o garantiti, occorre che effettivamente e concretamente il popolo partecipi in qualità di attore alla vita pubblica, vero ed effettivo detentore della, sovranità.
  • Uno Stato in cui tale partecipazione non esista per immaturità, del popolo o perché le strutture politiche la mortificano o la rendono non è ancora uno Stato democratico.
  • Troppo spesso, con pericolosa superficialità, i politici ritengono di travolgere certe inquietudini, certi malcontenti, certe critiche, certe ostilità che salgono dalla base della nostra società, con una sentenza tanto facile quanto ingiusta: «siamo in presenza delle solite, ricorrenti manifestazioni qualunquistiche.
  • Come può onestamente definirsi democratico nel significato - sostanziale del termine - uno Stato in cui le vere decisioni politiche sono adottate dai partiti, per i quali non esiste garanzia, alcuna di democraticità interna e dai quali la stragrande maggioranza dei cittadini è estranea? Ne è sufficiente l’affermare che l'appartenenza ai partiti è libera e che «gli assenti hanno torto». Se il popolo è estraneo (e diffidente) nei confronti dei partiti politici, perché non avere l'umiltà di riconoscere che ciò in parte dipende dal fatto che essi appaiono come raggruppamenti consolidati, cristallizzati e «chiusi»? Sorti con funzione di coordinamento e di incontro tra i cittadini e la classe dirigente, essi hanno finito, al di là di ogni intenzione, col divenire in parte diaframmi tra il popolo e gli Organi dello Stato che in nome del popolo esercitano la sovranità, primo fra tutti il Parlamento. Ogni cittadino sente che, al fine dell'indirizzo politico del Paese, è più importante un congresso di partito che le elezioni politiche quinquennali, quanto meno nel senso che i risultati di tali congressi condizioneranno interamente le rappresentanze elette. Ma mentre egli sa che gli è riconosciuta la libera espressione del voto, non altrettanto « sente » di poter partecipare concretamente e validamente alla vita interna dei partiti.
  • I partiti, sorti con funzione di coordinamento e di incontro tra i cittadini e la classe dirigente, essi hanno finito, al di là di ogni intenzione, col divenire in parte diaframmi tra il popolo e gli Organi dello Stato che in nome del popolo esercitano la sovranità, primo fra tutti il Parlamento.
  • La polemica contro i partiti a questo punto è facile, ma non altrettanto facile il proporre soluzioni democratiche (e non radical-liberali) che prescindano da essi. I partiti sono sorti, esistono, sono diventati — assieme e prima di altri corpi intermedi come ad esempio i sindacati — centri di potere politico e non appare né possibile né utile un loro ridimensionamento. Ogni fatto storico che si realizza, anche se al di fuori dei rigidi schemi costituzionali, per il fatto stesso che si realizza documenta una rispondenza alle, reali esigenze della società.
  • Il problema allora è quello di inserire il popolo nella vita dei partiti, affinché, nel loro interno, esso possa continuare ad essere il detentore della sovranità popolare. Né si dica che ciò può avvenire anche oggi: teoricamente certo, ma in pratica non avviene, e ciò sta a significare che vi è qualcosa che va mutato. Oggi i partiti politici non hanno alcun riconoscimento giuridico, sono semplici private associazioni, mentre tutti sì rendono conto che essi rappresentano il vero centro di formazione della volontà politica. Ora tutti i cittadini hanno un interesse diretto a che la volontà politica dei partiti si formi democraticamente, perché decisioni congressuali dei partiti e quelle adottate dai rispettivi organi centrali non riguardano solo gli iscritti ma incidono nella vita e nelle prospettive di tutti i cittadini.
  • I nemici della democrazia non risiedono solo in quei partiti che ancora non hanno approdato alle sponde del regime di libertà, ma anche in quelli che nascondono l'intenzione di far guidare il popolo da un gruppo di persone illuminate, attraverso manovre di potere e decisioni di vertice: al popolo basterà dare pane, frigoriferi, automobili e televisori (soprattutto televisori attraverso i quali poter spiegare al popolo l’immensa fortuna che ha avuto nel darsi simili governanti).

La grande tentazione[modifica]

  • Lo sforzo massimo dev'essere compiuto per riscoprire l'ideale democratico, per educare e convincere i cittadini a partecipare concretamente alla vita dello Stato; non basta la garanzia formale di esercizio di libertà, occorre che quella libertà sia esercitata.  pagina? pagina?

Bibliografia[modifica]

  • Attilio Ruffini, La grande tentazione, Palermo, 1966.
  • Attilio Ruffini, Lo Stato, la libertà e la democrazia, in L'Avvenire d'Italia, 17 settembre 1967  pagine? pagine?

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