Bonaventura Cavalieri

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Bonaventura Cavalieri

Bonaventura Cavalieri (1598 – 1647), matematico italiano.

  • Ma quanto vi aggiunga la cognitione delle scienze Mathematiche, giudicate da quelle famosissime scuole de' Pithagorici, e de' Platonici, sommamente necessarie per intender le cose Fisiche, spero in breve sarà manifesto, per la nuova dottrina del moto promessaci dall'esquisitissimo Saggiatore della Natura, dico dal Signor Galileo Galilei, ne' suoi Dialoghi [...] protestando io haver' hauto e motivo e lume ancora in parte intorno a quel poco, ch'io dico del moto in questo mio Trattato, per quanto alle Settioni coniche si aspetta, da i sottilissimi discorsi di quello, e del Reverendiss. P. Abbate D. Benedetto Casteli Monaco Cassinenze, Matem. di N. S. e molto intendente di queste materie, ambidue miei Maestri. Rimetto dunque il Lettore in ciò, ch'io supporò al dottiss. libro, che da sí grand'ingegno in breve dourà porsi in luce, e si contenterà di questo poco, ch'io dirò per manifestare, che cosa habbino che fare le Settioni Coniche con cosí alto, e cosí nobile soggetto. (da Lo Specchio Ustorio, pp. 152 sg.; citato in Koiré 1979, pp. 295 sg.)
  • Benche intorno a' corpi gravi diversissime cose si potessero considerare, tutte belle, et tutte curiose, però non cercaremo altro, se non che forte di linea sia quella, per la quale si move esso grave, mercé prima dall'interna gravità, poi del proiciente, e finalmente dell'uno et dell'altro accoppiati insieme, per vedere, se vi havessero che fare le Settioni Coniche, et quali siano quando ciò sia vero.
    Dico adunque, se noi consideraremo il moto del grave fatto per la sola interna gravità, in qualcunque modo poi ella si operi, che quello sarà sempre indrizzato verso il centro universale delle cose gravi ciò è verso il centro della terra, et universalmente conspirare tutti i gravi a questo centro, poiché si veggono in tutti i luoghi della superficie terrestre scendere non impediti a perpendicolo sopra l'Orizonte [...].
    Dico piú oltre, che considerato il mobile che da un proiciente viene spinto verso alcuna parte, se non havesse altra virtú motrice, che lo cacciasse verso un'altre banda, andarebbe nel luogo segnato dal proiciente per dritta linea, mercè della virtú impressali pur per dritta linea, dalla quale drittura non è ragionevole, che il mobile si discosti, mentre non vi è altra virtú motrice, che ne lo rimova, e ciò quando fra di duoi termini non sia impedimento; come per esempio una palla d'Artiglieria uscita dalla bocca del pezzo, se non havesse altro, che la virtú [motrice] impressali dal fuoco, andarebbe a dare di punto in bianco nel segno posto a drittura della canna, ma perche vi è un altro motore, che è l'interna gravità di essa palla, quindi avvienne, che da tal drittura sia quella sforzata deviare, accostandosi al centro della terra. [...]
    Dico ancora, che quel proietto non solo andarebbe per dritta linea nel segno opposto, ma che in tempi eguali passarebbe pur spatij eguali della medesima linea, mentre che il mobile fosse a tal moto indifferente; e mentre ancora il mezzo non li facesse qualche resistenze, poiche non ci farebbe causa di ritardarsi, ne di accelerarsi. [...] Si che il grave, mercè della interna gravità, non anderà se non verso il centro della terra, ma quello, mercè della virtú impressali, potrà incaminarsi verso ogni banda. (da Lo Specchio Ustorio, pp. 153 sgg.; citato in Koiré 1979, pp. 300 sgg.)

Bibliografia[modifica]

  • Bonaventura Cavalieri, Lo Specchio Ustorio overo Trattato Delle Settioni Coniche e alcuni loro mirabili effetti intorno al Lume, Caldo, Freddo, Suono e Moto ancora, presso Clemente Ferrosi, Bologna 1632.
  • Alexandre Koiré, Studi galileiani (Etudes galiléennes, 1966), traduzione di Maurizio Torrini, Einaudi, Torino, 1979.

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