Carla Fracci

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Carla Fracci

Carla Fracci (1936 – 2021), danzatrice classica italiana.

  • La danza è poesia perché il suo fine ultimo è esprimere sentimenti, anche se attraverso una rigida tecnica. Il nostro compito è quello di far passare la parola attraverso il gesto. (citato in Corriere della sera, 5 maggio 2003)
  • Una volta c'era una parola di cui sono orgogliosa e che fa parte della mia infanzia: proletariato. Oggi purtroppo non la usa più nessuno. È il proletariato che ha sempre alimentato la nazione. Ci dovrebbe essere più rispetto. Se questa classe sociale si ferma la nazione cade. Oggi, invece, tutti se la sono presi con i tranvieri, ma si sono accorti di loro solo quando si sono fermati.[1]
Intervista a la Repubblica, 30 luglio 2006
  • Ho avuto incontri straordinari, come Visconti, burbero e dolcissimo. Come Herbert Ross, per cui ho fatto la Karsavina nel film Nijnsky. O come Peter Ustinov, con cui ho girato Le ballerine. E la Cederna, e Manzù. E il magnifico Eduardo. In un galà in suo onore, a Viareggio, interpretai Filumena Marturano, proprio il ruolo di Titina, e lui mi mandò un biglietto con su scritto: "ora posso chiamarti sorella". Ricordo il fascino e l'ironia di De Sica. Voleva affidarmi ne La vacanza il ruolo che poi fece la Bolkan. E rammento le estati con Montale, a Forte dei Marmi. Ci si trovava ogni giorno tra persone come Henry Moore, Marino Marini, Guttuso. Montale disegnava sempre: il mare, le Apuane... Usava tutto, dal vino al rossetto. Mi dedicò una bellissima poesia: La danzatrice stanca. No, io a settant'anni non mi sento affatto stanca. E sono quello che sono anche grazie a loro.
  • Ho danzato nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze. Sono stata una pioniera del decentramento. Volevo che questo mio lavoro non fosse d'élite, relegato alle scatole d'oro dei teatri d'opera. E anche quand'ero impegnata sulle scene più importanti del mondo sono sempre tornata in Italia per esibirmi nei posti più dimenticati e impensabili. Nureyev mi sgridava: chi te lo fa fare, ti stanchi troppo, arrivi da New York e devi andare, che so, a Budrio... Ma a me piaceva così, e il pubblico mi ha sempre ripagato.
  • Quando Alicia Markova venne a ballare alla Scala avrà avuto 45 anni. Le altre ragazze la chiamavano la vecchietta. Per me era fantastica. Che nobiltà, che incanto di piedini.

Note[modifica]

  1. Carla Fracci: Io, figlia di un tranviere, li difendo, su ricerca.repubblica.it, 5 dicembre 2003.

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