Catene (film 1949)

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Catene

Descrizione di questa immagine nella legenda seguente.

Amedeo Nazzari in una scena del film

Titolo originale

Catene

Lingua originale italiano
Paese Italia
Anno 1950
Genere drammatico
Regia Raffaello Matarazzo
Soggetto Libero Bovio, Gaspare Di Maio
Sceneggiatura Aldo De Benedetti, Nicola Manzari
Produttore Gustavo Lombardo, Goffredo Lombardo, Raffaello Matarazzo
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali

Catene, film italiano del 1949 con Yvonne Sanson e Amedeo Nazzari, regia di Raffaello Matarazzo.

Dialoghi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Emilio: Fra tante lettere tue, ne ho ritrovata una, la più bella. Vuoi che te la legga?
    Rosa: No!
    Emilio: Non importa, la so a memoria. "Tu sei e sarai il solo uomo della mia vita, tutto potrò scordare ma non i tuoi baci".
  • Emilio: Appena t'ho rivista ho sentito che sei ancora innamorata di me, e che quest'amore non riuscirai a strappartelo dal cuore. È così? Di' la verità, è così?!
    Rosa: Dio solo sa quanto pregai per guarire quel male, e ci sono riuscita. Per questo ti dico di avere pietà di me, te lo chiedo come una grazia, lasciami! Sono una povera donna, abbi pietà di me! Lasciami in pace!
    Emilio: Senti, Rosa...
    Rosa: No, non parlare. Se in un momento di debolezza io finissi per cedere, avrei tanta vergogna, tanto schifo di me stessa, che ti odierei!

Citazioni su Catene[modifica]

  • È un film che fece commuovere e piangere le folle all'inizio degli anni '50. Feuilleton popolare, ha anche il merito di una ambientazione e una patina neorealistica assai suggestiva. (il Morandini)
  • Proprio il 1949 è infatti l'anno di Catene, il film con cui Matarazzo aprì un nuovo periodo nella storia del cinema popolare italiano [...]. Richiamarsi a Rossellini, De Sica, Visconti può apparire blasfemo. Nondimeno Catene si riallaccia, a suo modo, all'insegnamento neorealista: segna il momento della massima fortuna popolare di moduli espressivi illustrati dalla scuola gloriosa. (Vittorio Spinazzola)
  • Riesce a fondere insieme l'estetica del neorealismo [...] con la grande tradizione del melodramma italiano, contaminando questo con il realismo delle ambientazioni e uscendo da soggetti che fino a quel momento erano tratti più dalla librettistica d'opera [...] che dalla vita quotidiana. [...] Matarazzo propone una regia fiammeggiante e accuratissima, tutta giocata sui chiaroscuri, con il bianco che rappresenta l'innocenza mentre il nero simboleggia peccato e corruzione. (Steve Della Casa)

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