Concetto Marchesi

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Concetto Marchesi nel 1954

Concetto Marchesi (1878 – 1957), politico, latinista e accademico italiano.

Citazioni di Concetto Marchesi[modifica]

  • Nessuno nega, o compagni, che in questo mondo dilaniato dalla guerra c'è, oggi più che mai, una trepida attesa della vita che nascerà da tanta morte e della concordia che sorgerà da un odio così smisurato e implacabile.[1]
  • [All'VIII Congresso del PCI] Tiberio, uno dei più grandi e infamati imperatori di Roma trovò il suo implacabile accusatore in Cornelio Tacito, il massimo storico del principato. A Stalin, meno fortunato, è toccato Nikita Krusciov.[2]

Storia della letteratura latina[modifica]

  • Cicerone fu il creatore di una prosa oratoria perché fu l'architetto unificatore di altre prose oratorie. La sua prosa non ha una sorgente nascosta nello spirito suo: ché altrimenti sarebbe inimitabile; essa scaturisce da una molteplicità di fonti letterarie per raccogliersi in unico fiume. (vol. I, p. 251)
  • Giovenale che, come quanti hanno più intensa la vita interiore, avrebbe voluto fermare la vita esterna dentro i limiti e i modi delle vecchie consuetudini, visse invece nel tempo in cui per mezzo della conquista romana dominava nel mondo occidentale la grande società capitalistica, il ceto onnipotente e unicamente privilegiato del denaro; e fu perciò, per l'amore del passato, un poeta sociale, anzi l'unico vero poeta sociale dell'antichità romana. Nella sua poesia si sentono già voci roventi di protesta contro la iniquità delle umane fortune. (vol. II, p. 132)
  • [Lucio Anneo Seneca] È l'uomo di genio. Pensatore e artista, prosatore e poeta, egli espresse nella lingua latina un sentimento universale e schiuse la letteratura all'umanità. Non fu ricercatore di verità occulte né creatore di sistemi filosofici né indagatore profondo dei problemi ontologici e gnoseologici: non fu propriamente né un fisico né un filosofo: ma dei problemi fisici e filosofici ebbe la conoscenza e soprattutto la sensibilità: e nessuno come lui, nel mondo antico, poté parlare agli uomini dei casi della vita e della morte. (vol. II, p. 196)
  • [Su Apuleio] Il carattere precipuo del suo stile è il cumulo: ciò ch'era sparso o raro negli altri scrittori in lui divenne costume; egli seppe fare particolarmente suo ciò che apparteneva un po' a tutti, e coi materiali onde aveano fatto moderato o disordinato uso gli scrittori precedenti si costruì un suo grandioso, se anche barocco, edificio stilistico. (vol. II, pp. 305-306)

Tacito[modifica]

  • Tacito respinge ciò che è futile o laido o grossolano. La sua opera non vuole essere uno stimolo alla curiosità o una raccolta compiacente di episodi minuziosi. (parte II, cap. V; p. 195)
  • La sua storia è strettamente politica, e considera l'uomo soltanto come attore o come strumento della vicenda politica: escluso quanto esista di attività individuale, oltre questo limite. (parte II, cap. V; p. 196)
  • Lo stile di Tacito è stile dotto per eccellenza, con le sue cesellature raffinate, con le sue esclusioni meditate, con le sue novità inaudite; è lo stile più personale che ci offrano le letterature di ogni tempo, ed è pure il più intraducibile nel linguaggio comune. Tacito non si può tradurre, fedelmente, in nessuna lingua del mondo: sarebbe ridurlo allo stato selvaggio. Lo stile di Tacito è inimitabile, come il suo pensiero. La brevità e la varietà sono gli espedienti dell'inatteso, non le regole di un genere stilistico determinato.
    Così pure il suo pensiero è analitico, non costruttivo: è anch'esso fuori degli schemi generici. È il pensiero di un uomo solo posto di fronte al resto degli uomini. Egli muove da una tradizione che vorrebbe ristorata, da un dubbio che vorrebbe risoluto: ma più penetra nella realtà, più egli resta solo col proprio pensiero e sente svanire la certezza assoluta di un bene che la storia è impotente ad attuare e a dimostrare.
    Tacito è soprattutto un indagatore e un narratore che nella instancabile varietà della frase riflette la varia e irrequieta vicenda delle umane fortune. (parte II, cap. VI; pp. 297-298)

Incipit de Il libro di Tersite[modifica]

Avevi ragione, fratello Pellegrino: quel gallo non doveva morire. Eppure è stato ucciso, una mattina: strozzato dalle tue mani, perché la regola del convento ti imponeva obbedienza agli ordini superiori; e hai dovuto cucinarlo anche tu e hai dovuto mangiarne anche tu le teneri carni saporite. Io no: ricordi bene che non ho voluto mangiarne. È stato ucciso perché era inutile, si diceva, quel gallo là, solo, nel convento, senza galline.

[Concetto Marchesi, Il libro di Tersite, A. F. Formíggini, Roma, 1920.]

Citazioni su Concetto Marchesi[modifica]

  • Alla memoria di Norma, la cui famiglia lamentava altri sette infoibati, nel dopoguerra venne un riconoscimento autorevole. L’Università di Padova, su proposta di Concetto Marchesi e con l’unanimità del Consiglio della facoltà di lettere e filosofia, le conferì la laurea honoris causa. In quell’occasione, qualcuno obiettò che Norma non meritava tale riconoscimento perché "non era caduta per la libertà", ma Concetto Marchesi, benché militante comunista, affermò che Norma Cossetto era caduta per l’italianità dell’Istria e che meritava più di chiunque altro quel riconoscimento. (Arrigo Petacco)
  • Di Catullo, Orff ha saputo riscoprire e rimodellare in note l'impeto e l'amarezza, «quella continua pulsazione della propria vita nella propria arte» (secondo le parole di Concetto Marchesi) che dopo due millenni ne fa ancora il poeta di Roma più vicino a noi. (Leone Traverso)
  • È molto interessante che i due proponenti [dell'articolo 9 della Costituzione] di allora siano stati un anziano professore di latino comunista, Concetto Marchesi, che è stato rettore dell'Università di Padova, e un giovanissimo giurista democristiano, Aldo Moro. (Salvatore Settis)
  • Mai come nella guerra civile, che Concetto Marchesi chiamò «la più feroce e sincera di tutte le guerre», le differenze fra i belligeranti sono tanto nette e irriducibili e gli odi tanto profondi. (Claudio Pavone)

Note[modifica]

  1. Da Scritti politici, Editori Riuniti, Roma, 1958, p. 145.
  2. Citato in Augusto Cavadi, La scelta di Concetto Marchesi con Stalin e contro Togliatti, repubblica.it, 23 agosto 2007.

Bibliografia[modifica]

  • Concetto Marchesi, Storia della letteratura latina, 2 voll., Principato, Messina, 1925-1927.
  • Concetto Marchesi, Tacito, Principato, Messina, 1924.

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