Francesco Maria Zanotti

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Francesco Maria Zanotti

Francesco Maria Zanotti (1692 – 1777), scrittore e filosofo italiano.

Citazioni di Francesco Maria Zanotti[modifica]

  • [...] io credo, che questa analogia [...] sia un luogo pericolosissimo, da cui si traggono argomenti talvolta di qualche peso, spessissimo di niuno. Perciocché ella è posta non in altro, che in una certa similitudine, che alcuni voglion supporre, che sia in tutte le cose tanto grande, quanto mai esser può. E così conosciutone due, che sieno simili alcun poco, facilmente si inducono a credere, che debbano esser simili in tutto; e tutte le proprietà, che trovano in una, non hanno difficoltà di attribuirle anche all'altra. [...] Io dico dunque, che argomentando dall'analogia, si argomenta assai bene e con qualche probabilità, se conoscendo noi, due cose esser simili in moltissime proprietà, così che pajano d'un'istessa spezie, concludiamo, dovere esser simili anche in una proprietà, che sappiamo convenire all'una, et è quistione, se convenga anche all'altra; e così da molte proprietà argomentiamo di una. L'argomento però farebbe assai debole, se da una volessimo argomentar di molte.[1]
  • Io temo che in alcuni paesi la filosofia del Locke abbia una cattivissima reputazione, e si riguardi come contraria alla religione, e il dirsi uno lockista sia come dirsi ateo.[2]
  • [...] qualor pigliasi a definire una cosa determinata già da un certo nome, o di qualunque altro modo stabilita, bisogna prima proporsi all'animo quella tal cosa, e scorrendola col pensiero raccogliere tutte le proprietà, che possono di lei sapersi. Che se, ciò fatto, vorrà alcuno, affine di dichiarar la cosa, numerare ad una ad una, ed esporre tutte le dette proprietà, non si dirà per questo, che egli l'abbia definita; dirassi più presto, che egli l'ha descritta. Ma se egli fra tutte quelle proprietà sceglierà le più principali, e le prime, cioè quelle, da cui nascono, e derivan le altre, e queste prime sole esporrà; allor dirassi, che egli abbia veramente definita la cosa, che definir volea. Onde si vede, che la definizione non dee comprendere tutte le proprietà della cosa definita, ma solamente le prime; e poiché dalle prime nascon le altre, però manifestandosi le prime nella definizione, da queste poi si raccolgon le altre per via di argomentazione; e così dalla definizione si traggono tutte le proprietà, che necessariamente alla cosa definita convengono; il che è modo bellissimo d'argomentare.[3]

Paradossi[modifica]

  • Un metodo può condurre a conseguenze sempre vere, quantunque esso sia forse derivato da un principio falso.[4] (n. 6)
  • Chi scrive in una lingua abbondante, è come un uomo che ha molti habiti, altri per usi domestici, altri per prodursi in pubblico, altri per le feste solenni.[5] (n. 11)
  • Una parola o forma di dire non è buona perché è nel Vocabulario, ma è nel Vocabulario perché era buona anche prima di esservi.[6] (n. 19)

Note[modifica]

  1. Da Della forza de' corpi che chiamano viva, libro II, Eredi di Constantino Pisarri e Giacomo Filippo Primodì, Bologna, 1752, pp. 162-163.
  2. Da una lettera a Francesco Algarotti, 2 febbraio 1745; citato in Eugenio Garin, Storia della filosofia italiana, terza ed., Edizione CDE su licenza della Giulio Einaudi editore, Milano, 1989, vol. 3, p. 7.
  3. Da Dell'arte poetica, Ragionamento primo, Lelio dalla Volpe, Bologna, 1768, pp. 12-13.
  4. Citato in Harbottle, p. 432.
  5. Citato in Harbottle, p. 271.
  6. Citato in Harbottle, p. 434.

Bibliografia[modifica]

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