Gianluigi Nuzzi

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Gianluigi Nuzzi

Gianluigi Nuzzi (1969 – vivente), giornalista e scrittore italiano.

  • Di certo Simeon è amico fedele di Luigi Bisignani, lo stesso lobbista che agli inizi degli anni Novanta aveva portato proprio allo Ior, la banca del papa, una parte significativa della mazzetta Enimont, per sciogliere il matrimonio dell'epoca tra la Montedison di Raul Gardini e dei Ferruzzi e l'Eni di Gabriele Cagliari. Così in Vaticano viene riciclata la più grande tangente mai scoperta nella storia della Repubblica. (da Sua Santità, Chiarelettere, 2012, pp. 68-69)

Vaticano S.p.A.[modifica]

Incipit[modifica]

Negli anni Cinquanta inizia a percorrere i corridoi della Santa Sede un giovane sacerdote americano, trasferitosi a Roma per frequentare i corsi di diritto canonico all'Università gregoriana. È un uomo alto un metro e ottantasei, imponente, dal passo deciso. Viene da Cicero, violento sobborgo della Chicago di Al Capone, dov'è nato da genitori lituani immigrati nel 1922. Si chiama Paul Casimir Marcinkus e cresce nella periferia senza legge dove il mafioso aveva insediato il suo quartier generale. Viene ordinato sacerdote nel 1947. Dopo l'Università gregoriana, Marcinkus si trasferisce alla Pontificia accademia ecclesiastica, campus per i diplomatici della Santa Sede. Che sia un astro nascente lo si capisce subito. Ad appena trent'anni, nel 1952, già dispone di una scrivania presso la segreteria di Stato. Le voci sul suo ingresso lesto in Vaticano si rincorrono.

Citazioni[modifica]

  • [Marcinkus] Fuma sigari cubani. Frequenta i salotti, i campi da golf, preferisce le palestre alle sacrestie. Ma ciò che qui più interessa è un incontro negli uffici della segreteria di Stato che andrà a cambiargli la vita, facendo poi precipitare le finanze vaticane.
  • La situazione è difficile. La morte di Giovanni XXIII ha fatto crollare le offerte dei fedeli da 19 a 5 miliardi di lire. Ma c'è di peggio. Con un estenuante braccio di ferro il governo italiano introduce la tassazione sui dividendi per la Santa Sede, dopo un quarto di secolo d'esenzione fiscale che Mussolini aveva garantito con la circolare del san Silvestro del 1942. Si annuncia una catastrofe finanziaria.
  • Se negli Usa iniziano a crescere i primi sospetti per riciclaggio e traffico di stupefacenti, in Italia Sindona è ancora solido tra protezioni indissolubili. Forte del mandato di Paolo VI per trasferire all'estero le partecipazioni societarie della banca vaticana, con Marcinkus controlla la più massiccia esportazione di capitali mai avvenuta sino ai caveau della Swiss Bank, in società con la Santa Sede.
  • Il 16 ottobre 1978 viene eletto papa il polacco Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II. Il santo padre recupera la politica di Paolo VI e assicura a Marcinkus la continuità sull'indirizzo finanziario. Tutti rimangono ai loro posti, ma per Sindona la situazione è irreversibile. Disperato, organizza l'omicidio di Ambrosoli, che viene ammazzato il 1 luglio 1979 a Milano da un killer di Cosa Nostra.
  • Di fronte a questi scandali e all'emorragia finanziaria causata dalle truffaldine operazioni di Sindona-Calvi, l'astro di Marcinkus è destinato a inabissarsi. L'arcivescovo gode però della protezione incondizionata di Giovanni Paolo II. Protezione dovuta soprattutto ai fondi per oltre 100 milioni di dollari che il Vaticano inviò al sindacato polacco Solidarnosc. Infatti, è solo per le insistenze del segretario di Stato Agostino Casaroli che l'arcivescovo non viene promosso cardinale. Già nel 1980 sempre Casaroli, contravvenendo alle disposizioni di Wojtyla, aveva impedito che Marcinkus testimoniasse nel processo Sindona a favore del finanziere di Patti sei anni dopo il crac.
  • Casaroli si fa promotore di un'iniziativa diplomatica con il governo Craxi per chiudere la vicenda. Nel frattempo viene introdotto il Nuovo diritto canonico voluto da Giovanni Paolo II: è abolita la norma che prevedeva l'automatica scomunica per i massoni. Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, non è riuscito a far valere il principio di scomunica introdotto da Clemente XII nel 1738.
  • Lo statuto e gli accordi con lo Stato italiano consentono allo Ior un'operatività da banca offshore, al di fuori di qualsiasi controllo. Ed è proprio questa la condizione che determina gli scandali finanziari dagli anni Settanta a oggi. Lo Ior assicura infatti discrezione totale nelle operazioni, assoluta impunità e autonomia operativa a chi lo gestisce e salvacondotto alla clientela.
  • Così nel 1989 Casaroli, forse su indicazione diretta di Giovanni Paolo II, all'interno del nuovo organigramma, ritaglia per monsignor de Bonis un'inaspettata e gratificante funzione: prelato dello Ior.
  • Il primo passo segreto lo ritroviamo nell'archivio Dardozzi: de Bonis firma regolare richiesta e lo Ior apre il primo conto corrente del neonato sistema offshore. Conto n. 001-3-14774-C: primo deposito in contanti di 494.400.000 lire ed elevato tasso d'interesse garantito, il 9 per cento annuo.
  • Il sistema offshore di de Bonis si alimenta quindi anche dei soldi lasciati dai fedeli per le Sante Messe in memoria dei defunti, ultimo colpo di mano di Marcinkus, e testimonianza del passaggio di potere al nuovo prelato. lo Ior rischia di precipitare in un altro scandalo internazionale.
  • Nel 1988 Giovanni Paolo II nomina Macchi arcivescovo di Loreto. Per lui, de Bonis nutre un profondo sentimento di riconoscenza: l'ex segretario di Paolo VI si era adoperato e lo aveva aiutato per fargli raccogliere i poteri lasciati da Marcinkus allo Ior. Così il prelato opera su due conti di pertinenza di Macchi e intestati ufficialmente alla Santa Casa di Loreto, una tra le più importanti mete di pellegrinaggio del mondo cattolico. Il primo deposito reca un saldo di 2,655 miliardi di lire, sull'altro sono depositati 2,7 milioni di dollari.
  • Impensabile, seppur dovuta, qualsiasi iniziativa giudiziaria interna; il monsignore [Donato de Bonis] è contemporaneamente allontanato per necessità, ma solo sulla carta. Viene promosso vescovo del Castello di Numidia e, dall'11 aprile 1993, assistente spirituale del Sovrano Ordine Militare di Malta, al quale già aderiva nel Gran Priorato dell'Ordine di Napoli e Sicilia. È un incarico di prestigio. La posizione gli garantisce contatti ad altissimo livello.
  • In Vaticano l'aria si fa pesante. Da Milano la caccia ai Cct della tangente Enimont si intensifica. La Romana Chiesa deve affrontare, ripetendo le parole vergate da Caloia a Sodano, «un problema di dimensioni enormi e finora non immaginabili». L'incubo Ambrosiano si allunga su piazza san Pietro in tutta la sua gravità. Stavolta la Chiesa è priva degli storici riferimenti tra i politici di governo, non può contare sulla formidabile e reciproca tutela che già favorì un'uscita più che dignitosa dagli scandali passati.
  • Sui bonifici esteri, in altre parole, si può informare la Procura perché gli stessi non sembrano destinati ad Andreotti e sono comunque noti ai magistrati essendo già apparsi sui giornali. Si impone invece massima attenzione sulle somme bonificate sui conti dell'Istituto. A iniziare dalla pertinenza «Spellman» che lega de Bonis ad Andreotti.
  • Il processo Enimont si concluderà nell'ottobre del 1995 con condanne per quasi tutti i trentadue imputati tra i quali politici come Bettino Craxi, Renato Altissimo, Umberto Bossi, Arnaldo Forlani, gli stessi Giuseppe Garofano e Carlo Sama. Il Vaticano non restituirà mai nulla del denaro trovato sui conti o dei soldi attribuiti a de Bonis. Soltanto una modesta percentuale delle tangenti viene recuperata.
  • Sempre su indicazione del papa [Giovanni Paolo II], Castillo Lara accompagna direttamente in banca anche arcivescovi e cardinali per disporre finanziamenti e bonifici. Come il 15 febbraio 1994, quando arriva in Vaticano l'arcivescovo metropolita di Riga Janis Pujats, oggi cardinale. Castillo Lara lo introduce allo Ior su indicazione di Wojtyla per compiere una rilevante operazione bancaria.
  • Come in qualsiasi altra banca, anche allo Ior si possono presentare clienti quantomeno equivoci. Con un'unica eccezione rispetto agli istituti di credito italiani: quasi tutti indossano l'abito talare. Rimane esemplare e dai toni quasi surreali la storia completamente inedita del reverendo Domenico Izzi, sacerdote italiano naturalizzato argentino, fondatore del movimento ecclesiale Lumen Christi che s'ispira ai principi del Concilio Vaticano II. Forse per la prima volta nella storia della banca del papa, un semplice sacerdote riesce a ottenere prestiti per ben 6,1 milioni di dollari per finanziare stravaganti progetti e poi sparire nel nulla.
  • La Santa Sede, nel documento d'accusa del maggio 2002 della corte di Jackson, viene invece citata per aver condotto a fini di frode «attività commerciali private, non sovrane e secolari, non religiose». La corte americana chiede al Vaticano di risarcire i danni, la cifra ipotizzata dall'accusa non è inferiore ai 208 milioni di dollari.
  • In realtà, Giovanni Paolo II segue le più delicate vicende che agitano la segreteria di Stato, dicastero chiave nell'organigramma vaticano e braccio operativo del santo padre. S'interessa alle inchieste che turbano i segreti dello Ior, come si è visto grazie ai report inviati negli anni Novanta da Caloia al segretario di Wojtyla, Stanislao Dziwisz, sulle vicende Enimont e sullo Ior parallelo, creatura di monsignor Donato de Bonis. Riceve quindi i dossier più riservati sui casi critici e indica le linee generali da seguire alla segreteria di Stato. Gestisce poi in prima persona un'enorme quantità di denaro sui finanziamenti alla Polonia di Solidarnosc. Denaro che costituisce il fondo personale del sommo pontefice e che proprio essendo di sua esclusiva competenza sfugge ai bilanci ufficiali che la Santa Sede diffonde ogni anno.
  • Il Vaticano non ama pubblicizzare la rete di società che utilizza nei settori più disparati, dal turismo religioso all'assistenza a malati e anziani, non indica i propri conti, si guarda bene dal far sapere voce per voce, diocesi per diocesi, quanto incassa nel mondo per beneficenza attraverso offerte, eredità, lasciti o legati.
  • La Chiesa non ama i bilanci universali e frantuma i rendiconti delle proprie economie tra diocesi, conferenze episcopali e parziali risultati di alcune amministrazioni dello Stato pontificio.
    Informa cioè a metà, offrendo dati a macchia di leopardo: zone note e buchi neri.
  • [...] lo Ior è «parte» della Chiesa, infatti è stato fondato con un chirografo di papa Pio XII; inoltre chi ci lavora è un dipendente di un ente centrale del Vaticano, condizione introdotta dal Concordato e che, anni prima, ha permesso a Marcinkus di evitare l'arresto per il crac Ambrosiano. Ma poi, che fine fanno gli utili della banca se non rimangono nei forzieri dei sacri palazzi?
  • Se si sommano i 72,5 miliardi dello Ior ai 94,4 miliardi dell'Obolo di san Pietro, si scopre che Wojtyla nel 1994 può contare su una cassa personale per carità e opere di bene di 166,9 miliardi (121,3 milioni di euro). Ai quali andranno aggiunti negli anni i proventi della Centesimus annus pro pontefice, il fondo che raccoglie i frutti delle iniziative degli imprenditori cattolici. La somma quindi è assai considerevole, [...].
  • Quello che qui più interessa sono le accuse che Massimo [Massimo Ciancimino] rivolge per la prima volta al proprio padre sulla struttura finanziaria realizzata in Vaticano per far arrivare soldi alla mafia nella Palermo degli anni Settanta e Ottanta. Tramite lo Ior. Con conti correnti e cassette di sicurezza gestiti da prestanome, prelati compiacenti, nobili e cavalieri del Santo Sepolcro.

Bibliografia[modifica]

  • Gianluigi Nuzzi, Vaticano S.p.A., Chiarelettere, 2009.

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