Giustino Fortunato

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Giustino Fortunato

Giustino Fortunato (1848 – 1932), scrittore, politico e storico italiano.

Citazioni di Giustino Fortunato[modifica]

  • Che la borghesia, nel cui nome usa oggi comprendere più particolarmente le classi sino a ieri dette dirigenti, debba – per la prima – rispondere di così triste condizione, non è dubbio. Fin dall'inizio della nostra unificazione essa mancò di ogni percezione dell'effettivo essere nostro, e da allora la sua tragedia fu un continuo sognar lontano per non voler vedere la verità vicino. (da Scritti politici, De Donato, 1981, p. 359)
  • [Sulla guerra italo-turca per la conquista della Libia] Chi più di me convinto che Tripoli sarà impresa infruttuosa e dispendiosa, quando anche necessaria e fatale? Ebbene, viva la guerra, se ora mi è chiaro che non invano sono trascorsi cinquant'anni di vita nazionale e qualcosa di nuovo, di bello e di promettente è nella nostra Italia. (citato in Nino Valeri, Giovanni Giolitti, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1971, p. 227)
  • [su Luigi Sturzo] Come ha fatto un giovane prete borghese di Sicilia, venuto su da un seminario, a riuscire così padrone, anche dal lato tecnico, della realtà politica del nostro Paese, l'Italia, considerata pur di fronte a tutto il movimento della civiltà occidentale d'Europa? (lettera di Giustino Fortunato a Luigi Sturzo; citato in Luigi Sturzo, Scritti Inediti, vol. II, Cinque Lune, Roma, 1975, p. 65)
  • [su Francesco Saverio Nitti] Conobbi giovinetto il Nitti, venuto in Napoli – di antica famiglia borghese dei miei paesi, poverissima, – insieme col padre, la madre e le tre sorelle, che egli sostentò, letteralmente, per più anni, del più duro umile suo lavoro di tavolino; e lo amai, perché veramente eroico e d'ingegno e desideroso d'apprendere. Fu autodidatta, nel più stretto ed anche nel più eccessivo significato della parola. (citato in Francesco Barbagallo, Francesco Saverio Nitti, UTET, Torino, 1984, p. 12)
  • [Lettera a Pasquale Villari] L'unità d'Italia è stata e sarà – ne ho fede invitta – la nostra redenzione morale. Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L'unità ci ha perduti. E c'è di peggio. Tutto il macchinario dello Stato presente, se è tollerabile dalle forze dell'Alta Italia, è intollerabile dalle esauste nostre forze. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all'opinione di tutti, che lo Stato italiano profonda i suoi beneficii finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali. Tutto ciò, forse, Vi parrà un'eresia. Ma aspettate ancora due o tre mesi: avrete allora un libro di Francesco Saverio Nitti, magnifico e terribile, a un tempo, che Vi toglierà ogni dubbio, facendovi toccar con mano la dura verità delle Cose. Quel libro sarà una benedizione... Esso combatterà uno de' maggiori, de'peggiori pregiudizii de' settentrionali, specialmente de' signori lombardi, quello, cioè, secondo cui i meridionali non pagano imposte e scialacquano sul bilancio dello Stato. Esso "proverà" il contrario. Il libro potrebbe esser dannoso, se potesse esercitare azione su' meridionali. Ma questo pericolo non c'è. L'unità non corre, non correrà mai rischio per opera dei meridionali. Potete giurare su ciò. E poi, i meridionali non leggono! (da Carteggio 1865-1911, Laterza, 1978, pp. 64-65)
  • La Lucania è cosa morta, e la Basilicata è cosa viva: la Lucania non comprendeva gran parte della presente Basilicata orientale (Matera e Melfi), cosi come la Basilicata non piú comprende ben oltre la metà dell'antica Lucania occidentale (Campagna e Vallo) [...] Nato basilicatese, basilicatese – e non lucano – spero morire. (da Pagine e ricordi parlamentari - Volume 1, Vallecchi, 1926, p.376-383)
  • Non "rivoluzione", no, ma "rivelazione" è stato, e rimane, il fascismo: rivelazione di quel che realmente è, di quel che realmente vale l'Italia. Il fascismo è proprio l'Italia, di ieri e dell'altro ieri, così come sarà indubitatamente, l'Italia di domani e di domani l'altro. (da Carteggio 1927-1932, Laterza, 1981, p. 185)

Il Mezzogiorno e lo stato italiano[modifica]

  • L'Italia non è fusa nemmeno nel male; tra noi, più che altrove, anche la criminalità è regionale: essa è di corruzione e di astuzia nel Settentrione, di violenza e di miseria nel Mezzogiorno. (p. 203)
  • Che esista una questione meridionale, nel significato economico e politico della parola, nessuno più mette in dubbio. C'è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e, quindi, per gl'intimi legami che corrono tra il benessere e l'anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale. (pp. 311-312)
  • L'Italia meridionale entrò disgraziatamente a far parte del nuovo Regno in condizioni assai diverse da quelle che il Nitti lascia credere. Essa viveva di una economia primitiva, in cui quasi non esisteva la divisione del lavoro, e gli scambi erano ridotti al minimo: si lavorava più spesso per il proprio sostentamento, anziché per produrre valori di scambio e procurarsi, con la vendita di prodotti, quello di cui si aveva bisogno. (p. 340)
  • Il Mezzogiorno entrò a far parte della nuova Italia assai meno ricco e assai meno progredito delle altre regioni, e la politica troppo fantasiosa dello Stato unitario non contribuì certo a fargli né superare la distanza originaria né, quando anche i vantaggi materiali fossero stati meglio ripartiti, colmare le profonde differenze anteriori. (p. 344)

Citazioni su Giustino Fortunato[modifica]

  • Conobbi personalmente Giustino Fortunato non prima del 1909; e solo nel 1910 mi si rivelò in tutta la sua originalità e genialità il pensiero di quell'uomo singolare. Lo avessi conosciuto dieci anni prima, quanta maggiore ricchezza di informazioni e quanto minore ottimismo mi avrebbero accompagnato nel trattare una materia, che era da lui ben più profondamente conosciuta che da me. (Gaetano Salvemini)
  • Dev'essere anzitutto un signore: a quel modo che possono esserci dei signori anche da noi, in Italia. Gentiluomo di provincia, e padron di terre con cura di anime. La chiarezza istruttiva ed ornata dei suoi discorsi, anche di materia finanziaria o in altro modo tecnico, mi piace. Come il suo stile largo, riposato e fiorito, e le sue citazioni oraziane. [...] Spirito di predicatore, e quasi d'apostolo, c'è infatti in questo «pessimista»: in questo «provveditore d'inquietudini», come lo chiamarono per dileggio. (Natalino Sapegno)
  • Giustino Fortunato e Benedetto Croce rappresentano [...] le chiavi di volta del sistema meridionale e, in un certo senso, sono le due più grandi figure della reazione italiana. (Antonio Gramsci)
  • Il più grande e illuminato studioso del Meridione. (Indro Montanelli)
  • L'unificazione era stata «improvvisata», era stata un «miracolo» che era andato contro la storia e contro la geografia, e per i cinquant'anni successivi egli [Giustino Fortunato] continuò ad aspettarsi che la nuova nazione potesse andare nuovamente in frantumi. (Denis Mack Smith)
  • Non vi fu assertore più alto delle ragioni dell'unità d'Italia e insieme delle ragioni del Mezzogiorno, di Giustino Fortunato. Il suo pensiero e la sua battaglia politica, quali si espressero in decenni di partecipazione appassionata all'attività parlamentare e alla vita pubblica, restano ancor oggi un punto di riferimento illuminante per cogliere aspetti e nessi essenziali del discorso che siamo chiamati ad affrontare nel centocinquantesimo anniversario della fondazione del nostro Stato nazionale. (Giorgio Napolitano)
  • Portò la questione meridionale a chiarezza di coscienza e di definizione, iniziandone la discussione in termini politici e storici, fino a farla riconoscere come la questione massima dello Stato italiano unitario. (Benedetto Croce)

Bibliografia[modifica]

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