Scipio Sighele

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Scipio Sighele (1897-1898 circa)

Scipio Sighele (1868 – 1913), psicologo, sociologo e criminologo italiano.

Il nazionalismo e i partiti politici[modifica]

Incipit[modifica]

Uno degli argomenti più comuni – e più sciocchi – coi quali si cercò, in principio, di combattere il nazionalismo, fu di definirlo con disprezzo «un movimento di letterati».
I facili ironisti che credevano di ricacciarci nel nulla con questa definizione, ignoravano che ogni idea politica la quale non sia apparsa e scomparsa come meteora ma abbia durevolmente illuminato un periodo storico ebbe origini letterarie. La preparazione, l'incubazione intellettuale è necessaria alla nascita di ogni vitale movimento politico.

Citazioni[modifica]

  • [...], secondo me, il nazionalismo è e deve essere altruista precisamente come il patriottismo, e non già differenziarsi da questo per il suo egoismo. Se si vuol trarre una differenza dal diverso significato di due parole, e dire che nella parola «patria» c'è più amore e nella parola «nazione» più potenza e più orgoglio, siamo d'accordo: ma non mi pare che dal significato orgoglioso della parola «nazione» debba escludersi l'idea di sacrificio: mi pare soltanto che questo sacrificio debba intendersi, anziché come un moto impulsivo e incosciente, come un preciso dovere, come una disciplina. (parte 1, cap. 2, p. 38)
  • Il nazionalismo nacque antidemocratico.
    Enrico Corradini, al quale va indiscutibilmente tutto il merito dell'iniziativa del nostro movimento, è uno spirito antidemocratico. Lo è forse, più che per studio e per convinzione, per ragioni estetiche. In lui, artista, arde il dispregio per la moltitudine. E attorno a lui s'unirono, in principio, molti giovani che di questa attitudine antidemocratica fecero orgogliosamente il loro segno di riconoscimento. (parte 3, cap. 4, pp. 177-178)

Incipit di Eva moderna[modifica]

Un destino ironico vuole che i grandi uomini creino dei discepoli piuttosto per esagerare e deformare le loro idee paradossali anziché per seguire e diffondere ciò che vi è di umanamente bello e nobile nelle loro teorie.
Tolstoi che è insuperabile artista e mediocre filosofo, ha visto sorgere troppi seguaci della sua filosofia e troppo pochi imitatori della sua arte. E delle sue dottrine filosofiche, che risentono tutte l'assolutismo del solitario e peccano tutte per l'inapplicabilità d'una psicologia d'eccezione, quella che ha avuto, anni or sono, più largo onore di discussione e anche il successo di un assentimento verbale, è stata la teoria dell'amore. Una teoria negativa, che si è diffusa nel mondo per mezzo di quel delizioso racconto inverosimile che è la Sonata a Kreutzer. Per Tolstoi l'amore nella sua significazione fisiologica di atto che obbedisce all'istinto è vizio e lussuria; e da perfetto asceta egli sacrifica volentieri la perpetuità della specie a questa perpetuità del male.
L'intelligenza ottusa degli uomini normali credeva ingenuamente che il consiglio di Tolstoi non sarebbe stato accolto. A rigore di logica, non si poteva ammettere che l'ideale dell'umanità consistesse nella negazione dell'amore e quindi nella soppressione dell'umanità. Ma la logica non è forse che un'opinione.... come l'aritmetica, e a combattere contro di essa pullularono i discepoli tolstoiani. L'inno alla castità fu cantato su tutti i toni da un coro di imitatori; e non soltanto l'inno alla castità relativa come vuole la morale cristiana, ma l'inno alla castità assoluta come pretende il gran sacerdote di Jasnaja Poljana.

Bibliografia[modifica]

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