Traforo ferroviario del Frejus

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Citazioni sul traforo ferroviario del Frejus.

Edmondo De Amicis[modifica]

  • E il treno va e va, e cresce nell'animo nostro, a misura che si procede, la commozione, e la fantasia lavora, lavora. Ora ci pare che non s'abbia più a uscire di là sotto; ci pare d'esserci sprofondati nelle viscere della terra e di precipitare verso una mèta arcana; ora pare che il treno, a un tratto, ritorni furiosamente addietro, come impaurito dall'ignoto verso cui si slanciava; ora si trema di giungere troppo presto all'uscita, e si vorrebbe che quel momento indugiasse ancora, per prolungare il sentimento di meraviglia fantastica che ci agita il cuore e la mente; ora ci piglia come una smania di aria, di luce, un desiderio impaziente dell'azzurro del cielo e del verde della campagna; ora si rimane come attoniti e smemorati, e ci vien fatto quasi di domandare a noi stessi: – Ove siamo? – Siamo già in Francia? – Siamo ancora in Italia? – Un tale guarda l'orologio ed esclama: – Siamo in Francia! – I cuori danno un balzo, gli occhi si cercano, le mani si stringono. – Siamo in Francia! – si ripete. È un senso di gioia inesprimibile; pare che in quel momento le due nazioni si siano strette e baciate, ed abbiano gridato insieme: – Abbiamo vinto ! – Ma che! Già la luce del gas impallidisce! Si sente un soffio d'aria vivida e pura! Le pareti biancheggiano! Il vapore getta un lungo grido di trionfo ! Ecco i monti! Il Sole! La Francia!
    È un momento sublime.
  • Le due grandi imprese, il traforo delle Alpi e l'unificazione d'Italia, insieme iniziate e per lo spazio di dieci anni condotte insieme, si sono compiute a pochi giorni di distanza. L'esercito italiano entrava in Roma il 20 settembre del 1870, e il 25 dicembre dell'anno stesso scoppiava l'ultima mina nella galleria del colle di Fréjus! Quasi nel tempo istesso, l'Italia porgeva una mano alla sua antica madre e l'altra alla sua antica alleata; da un lato ella gridava: – Libertà! – dall'altro: – Pace! – E sarà veramente un tacito patto di pace fra i due popoli questa grandiosa vittoria comune, che oggi s'è celebrata; essi non si scambieranno per la nuova via che parole di fratellanza e utili commerci e disegni di nuove opere gloriose; non si comunicheranno che ciò che innalza, ingrandisce e purifica!
  • Si sentono in quel cupo strepito precipitoso del treno mille rumori che parlano all'anima: i colpi fìtti, fulminei, rabbiosi della perforatrice che divora la roccia, il sibilo confuso delle cento ruote, lo scoppio tonante delle mine, la tempesta delle scheggie sulle pareti, sulle macchine, sugli assiti, il comando dei soprastanti, le grida, le risa degli operai, il suono vario e continuo dell'opera, l'eco di tutta quella vita sotterranea che si agitò per tanti anni nei vergini recessi del monte senza sorriso di sole, senz'alito d'aria salubre, senza altro spettacolo che sé stessa e la rupe, solitaria, misteriosa, solenne! E quante vittime nella lotta! E come le loro immagini si presentano alla mente nell'atto di dire: – Io pure lavorai e soffersi! Ricordate me pure! – Sono operai macilenti e pallidi che hanno speso gli anni più belli della vita nel laborioso cammino attraverso delle Alpi; sono vecchi che hanno perduto la luce degli occhi; sono giovani a cui le macchine e le mine hanno portato via le braccia e spezzata la testa! E in mezzo a questa folla d' invalidi, di mutilati e di morti che par che risollevino il capo per domandarvi la loro parte di affetto e di gloria, si alza la figura bella e venerabile del Sommeiller, a cui splende ancora negli occhi la gioia dell'ultimo colpo lanciato dalla perforatrice nel vuoto, al grido di: – Viva la Francia e viva l'Italia! –

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