Zadie Smith

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Zadie Smith nel 2011

Zadie Smith (1975 – vivente), scrittrice britannica.

Citazioni di Zadie Smith[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • L'arte sta nel tentativo.[1]
  • Anche l'emozione ha un ruolo nella vita pubblica.[2]
  • [...] per creare qualcosa, come sapevano gli dei, serve una certa audacia. Come antidoto, all'inizio di ogni corso di scrittura assegno ai miei alunni la lettura di Kafka, nella speranza che li renda audaci. Non c'è niente di creativo quando si permette alla logica del mercato di entrare nella mente.[3]
  • Non sono una grande creativa, sono piuttosto una brava sintetizzatrice. Nel cuore della creatività c'è spazio anche per il rifiuto, serve la disponibilità a rischiare di non piacere.[3]
  • Quando ero più piccola, la sola idea di essere una ragazza mi sembrava una grande fatica.[4]
  • Pensi che qualcuno sia inglese? Veramente inglese? È una favola![5]

Il dono di Foster Wallace

Dall'introduzione a Brevi interviste con uomini schifosi di David Foster Wallace; citato in la Repubblica, 5 ottobre 2010.

  • Secondo i critici, Brevi interviste era un libro ironico sulla misoginia. Leggerlo era come essere intrappolati in una stanza con dei misogini ironici e impasticcati, o qualcosa di simile. Secondo me, leggere Brevi interviste non era affatto come essere intrappolati. Era come essere in chiesa. E la parola importante non era ironia ma dono.
  • Dave ha detto cose geniali sul dono: sulla nostra incapacità di dare gratuitamente, o di accettare quello che ci viene dato gratis. Nei suoi racconti, dare è diventato impossibile: la logica di mercato permea ogni aspetto della vita. Un tizio non riesce a regalare un vecchio attrezzo agricolo; deve dire che costa cinque dollari perché qualcuno si decida a prenderlo.
  • In una cultura che priva quotidianamente della capacità di usare l'immaginazione, il linguaggio e il pensiero autonomo, una complessità come quella di Dave è un dono. Le sue frasi ricorrenti, meandriche, richiedono una seconda lettura. Al pari del ragazzino che aspetta di tuffarsi, la loro osticità spezza «il ritmo che esclude il pensiero». Ogni parola che cerchiamo sul dizionario, ogni tortuosa nota che seguiamo a piè di pagina, ogni concetto che mette a dura prova cuore e cervello: tutto contribuisce a spezzare il ritmo dell'assenza di pensiero – e ci vediamo restituire i nostri doni. A chiunque è stato dato assai, assai sarà ridomandato. Dave scriveva così, come se il suo talento fosse una responsabilità.
  • L'unica di cui disponiamo è irrimediabilmente deturpata dall'uso improprio che se ne fa. La parola è preghiera. Per essere un rinomato ironista, Dave ha scritto molto di preghiera. Un uomo sposato, al cospetto di una seduttrice adolescente, si inginocchia e prega, ma non per l'ovvia ragione. «Non ho paura per quello che pensi» dice. La sgranocchiatrice di cereali prega mentre viene stuprata, ma non per ricevere soccorso. Un tizio che ha causato per sbaglio dei danni cerebrali alla figlia prega con un gesuita pazzo in mezzo a un campo, mentre una chiesa fatta senza le mani si erge intorno a loro. Quando succede l'incomprensibile e l'imperdonabile, i personaggi di Dave ricorrono all'impossibile. Le loro preghiere sono irrazionali, assurde, lasciate cadere in un vuoto, ed è da lì, paradossalmente, che traggono il loro potere.
  • Chiunque consideri Dave innanzitutto un ironista dovrebbe far caso alla scelta. La sua è una satira seria, se con satira intendiamo «la lode indiretta di ciò che è buono». Ma non voglio sostituire un Ironista con uno ossessionato da Dio.
  • Qualunque nome scegliamo, sta a indicare ciò che consente ai pochi eroi delle Brevi interviste di compiere i loro gesti in virtù dell'assurdo, creando arte che nessuno vuole, amando senza essere riamati, dando senza la speranza di ricevere. Dave è risalito a questo valore supremo passando per la bellezza di un Vermeer e spingendosi fino al concetto di infinito, fino al servizio di Federer... e oltre.

Intervista a Zadie Smith

Dall'intervista di Valentina Pigmei a Pubblico; ripubblicato in minimaetmoralia.it, 22 agosto 2013.

  • Forse quando la gente comincia ad avere trenta-quarant'anni scopre che la vita è un po' più complicata che a venti. La vita è più intensa e gioiosa in un senso ma anche più carica di rischi nell'altro. Non puoi più dire: questo lo farò quando sarò grande. Improvvisamente sei grande! Le scelte si assottigliano, e questo può essere frustrante.
  • C'è una middle class in Inghilterra davvero convinta che le persone abbiano "quello che si meritano" e che il fallimento della working class sia il risultato dell'inettitudine e della trascuratezza dei genitori con i figli. Queste stesse persone sono certe che i successi universitari dei loro ragazzi siano merito soltanto alla loro intelligenza! Non capiscono quanto è difficile riuscire nella vita se non si ha una buona istruzione o se la propria famiglia ha reali difficoltà economiche. Sono consapevole che ogni mio successo sia dipeso totalmente dal supporto che ho ricevuto dallo stato – sia concreto che finanziario. Vedere queste "reti di salvataggio" sparire significa vedere migliaia di ragazzini in una situazione simile – o peggiore – della mia, lasciati a cavarsela da soli.
  • Se la società fallisce nel supportare le persone, queste avranno sempre l’abitudine a continuare a sbagliare.
  • È meglio tenersi alla larga da chiunque sia completamente a suo agio con la politica americana.
  • La letteratura non può pianificare cambiamenti, ma nella mia esperienza di lettore, la letteratura allarga il raggio di attenzione e questo a volte può farci reagire in modo più etico nei confronti di ciò che accade nel mondo. [...] Ma non c'è garanzia. Anche i nazisti leggevano Anna Karenina e ascoltavano Bach. Mai sopravvalutare l'effetto civilizzante delle arti liberali...

Letteratura, Zadie Smith si racconta

Intervista di Veronica Tosetti, illibraio.it, 26 giugno 2017.

  • [«Cosa ne pensa di questa ondata di scrittrici sempre più legate a temi femministi, come il corpo, la maternità, le relazioni? Come si colloca all'interno di questo panorama?»] Penso che sia una situazione storica, che porti le donne a scrivere liberamente di ciò che conoscono meglio. Le donne hanno sempre scritto, ma erano perlopiù senza figli: Jane Austen, Eliot, Woolf. Erano sempre donne in grado di scrivere perché economicamente indipendenti. L'idea di una scrittrice che fosse nubile con figli dovette passare attraverso una sorta di evoluzione, una rivoluzione sociale, in cui i partner condividessero il lavoro casalingo. Ciò avvenne negli anni '70 e '80, proprio quando si cominciò a vedere sempre più scrittrici con figli. Penso anche che, in un certo senso, avessero una sorta di ansia, perciò continuavano a scrivere di questioni riguardanti la casa mentre la scrittura era un'attività secondaria. Di recente ho letto alcuni libri di Alice Munro. Ora che i lettori comprendono le opere femminili che descrivono ciò che avviene nell'ambito casalingo, le scrittrici acquisiscono sicurezza, vedendo che altre donne vengono pubblicate e che questa area della vita è altrettanto degna di essere rappresentata, che non c'è solo la storia grandiosa, ma anche l'intimità della vita all'interno delle famiglie. La maggior parte delle mie colleghe sono donne, e sono persone straordinarie.
  • La maternità semplicemente trasforma la tua relazione con il tempo. [...] è una specie di restrizione ma può essere altrettanto creativa, come tutte le limitazioni.
  • La mia scrittura cambia perché il progetto cambia, hai un obiettivo differente ogni volta [...]
  • Quando insegno, dico ai miei studenti: non è tanto il fatto di avere talento, che è decisamente utile, ma ha più a che fare con il provare a stare da soli mentre si scrive, per esempio, e il talento può non essere utile in questo. È la stessa cosa di quei reality show o talent, pieni di persone che cantano in maniera meravigliosa, ma è diverso dall'essere dei cantanti. Puoi avere un talento esagerato, ma non fa di te un artista o musicista, non fa di te niente. Il talento non è una cosa necessaria, è una sorta di abilità per cui canti senza sforzo, balli senza sforzo, scrivi senza sforzo, ma per diventare un artista ti serve molto più di questo. Lo puoi diventare anche senza essere in grado di cantare. Il talento è un'aggiunta, ma è necessario molto più di questo.

Per Zadie Smith il dovere di scrittrici e scrittori è "difenderci dall'imperialismo americano"

Dall'incontro alla 13ª edizione di Libri Come. Festa del Libro e della Letteratura, Roma, 11-13 marzo 2022; citato in Giuseppe Fantasia, ilfoglio.it, 13 marzo 2022.

  • Sono convinta che il dovere delle scrittrici e degli scrittori – di tutti coloro che scrivono – sia quello di difenderci dall'imperialismo americano che coinvolge e costringe le nostre idee e la nostra cultura. È arrivato il momento di ribellarci a tutto questo. Stare attaccati al nostro pezzettino di mondo senza dimenticare quello che ci succede attorno, è quello che possiamo fare, descrivendolo così come è.
  • Scrivere è l'esatto opposto della terapia. La cosa migliore, l'unico allenamento consiste nel leggere i libri degli altri.
  • Per quanti di noi hanno subito pregiudizi sul genere di appartenenza per me è chiaro che non si può essere squalificati in modo permanente, immutabile, come se fosse una specie di fato. Come scrittrice e persona non mi va di attaccare questo stato permanente addosso agli altri. Se tu inchiodi una persona a quello che è pensando "sei questo e lo sarai per sempre", è una cosa molto pericolosa. Le persone cambiano e proprio per questo ci può essere giustizia a volte senza che lo sappiamo.
  • [Su Cosmopolitan] Riviste come quella sono il massimo dell'aberrazione e della repressione nei confronti delle donne. Donne che se non sono state marginali, sono state al margine.
  • Da donna nera, quando parlo di donne come me – e lo faccio sempre – mi sento a disagio a dover scrivere di loro con un'etichetta attaccata addosso. Un bianco – rispetto a uno di colore – ha potere, ha sicurezza e privacy e nessuno ti può definire: anche a me piacerebbe avere tutto ciò, ma purtroppo, almeno per ora, non è così.

Citazioni non datate[modifica]

Zadie Smith sull'insicurezza, i social e il nuovo romanzo Swing Time

Dall'intervista di Alexandra Jones a Stylist; tradotto da Giorgia Fortunato in liberaria.it.

  • Quand'ero ragazzina le donne indossavano pantaloni larghi, grossi stivali e felpe, ed erano ovunque. Non era insolito essere così. Le ragazze nella mia scuola erano toste, ragazzi, non scherzavano. Erano molto sexy, ma la loro idea di sensualità era così diversa... Non barcollavano sui tacchi alti. Adesso i modi per essere donna sembrano così limitati. Come ogni ragazzina a Greenwich Village, mia figlia vuol essere Taylor Swift. Penso che sia la più grande aspirazione di ogni donna in questo momento in America.
  • Ascolto tantissime storie. Forse può essere contro l'opinione comune, ma penso che quelle dei tassisti siano sempre incredibili.
  • [Dopo la maternità] Le persone spesso rifiutano il cambiamento delle loro vite. Pensi di poter ancora essere ubriaco di notte e poi lavorare di giorno. Io non ci riesco. Adesso bevo solo una volta alla settimana e, da inglese, capirai che è grande limite da parte mia.
  • [...] è l'insicurezza che mi fa controllare una frase in modo ossessivo-compulsivo. Non è necessariamente una cosa negativa. Se avessi meno insicurezza lascerei perdere. E quella frase sarebbe pessima. Al contrario, se ne hai troppa, può impedirti completamente di lavorare.

Swing Time[modifica]

Incipit[modifica]

Era il primo giorno della mia umiliazione. Caricata su un aereo, rimandata a casa, in Inghilterra, sistemata con un affitto temporaneo a St John's Wood. L'appartamento era all'ottavo piano, le finestre si affacciavano sullo stadio di cricket. Era stato scelto, credo, per via del portiere, che ostacolava qualunque indagine. Restai in casa.

Citazioni[modifica]

  • Mi si stava rivelando una verità: avevo sempre cercato di aggregarmi alla luce degli altri, non avevo mai avuto una luce mia. Mi percepii come una specie di ombra.
  • Cosa vogliamo dalle nostre madri quando siamo bambini? Completa sottomissione. Oh, è molto carino e razionale e rispettabile dire che una donna ha tutto il diritto di avere la sua vita, le sue ambizioni, le sue necessità e così via – quello che ho sempre preteso per me stessa – ma per un bambino no, la verità è che si tratta di una guerra di logoramento, la razionalità non c'entra, neanche per sogno, vuoi solo che tua madre ammetta una volta per tutte che lei è tua madre e solo tua madre, e che la sua battaglia con il resto della sua vita è conclusa. Deve deporre le armi e venire da te.

Incipit di Denti bianchi[modifica]

Presto nel mattino, tardi nel secolo, Cricklewood Broadway. Alle 6,27 dell'1 gennaio 1975, Alfred Archibald indossava un abito di velluto a coste ed era seduto a bordo di una Cavalier Musketeer Estate, con la faccia riversa sul volante.[6]

Note[modifica]

  1. Da Il fallimento riuscito, Internazionale n. 725, 28 dicembre 2007, p. 12.
  2. Da Il blues della biblioteca, Internazionale n. 958, 20 luglio 2012, p. 92.
  3. a b Dall'intervento al Festival della letteratura di Roma, 2013; citato in Paola Pierotti, Zadie Smith: "E se in questo momento la cosa più creativa fosse rifiutare?", ppan.it, 3 luglio 2013.
  4. Citato in Jefrey Eugenides, Zadie Smith al telefono, Internazionale n. 1186, 6 gennaio 2017, p. 92.
  5. Da Denti bianchi; citato in AA.VV., Il libro della letteratura, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2019, p. 324. ISBN 9788858024416
  6. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • David Foster Wallace, Brevi interviste con uomini schifosi, traduzione di Ottavio Fatica e Giovanna Granata, Einaudi.
  • Zadie Smith, Swing Time, Mondadori, 2017. ISBN 9788852080272

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